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Lentamente indossa la sua bianca armatura,
e la sua nera cintura.
Gli circonda i fianchi, lo stringe nella sua forza, quasi volesse proteggerlo.
Misurato nei movimenti si dirige sul tatami, e fiero nello sguardo incrocia gli occhi del suo avversario.
Mostra forza e coraggio, ma il suo cuore impazza, corre come un treno.
Ha paura, si. O forse no.
Si è preparato, ha sofferto, ha sacrificato il suo tempo salutando le sue giornate di sole,
o con l’altra metà del suo cuore, da una palestra grigia.
Ma è pronto per la prima sfida più importante.
Ma altre ne seguiranno.
Fissa per un attimo, ma sembra un secolo, gli occhi del suo Maestro.
Cerca di dirgli qualcosa.
Implora, forse, un ultimo consiglio, un ultimo grido di battaglia.
Ci siamo quasi.
Tra poco il suo nome verrà gridato.
E mi chiedo:
Penserà a me?
A chi ha forgiato la sua mano, a chi ha sofferto insieme a lui, le sue sconfitte, a chi ha urlato di gioia al suo trionfo?
Sono qui, volgi almeno un attimo lo sguardo verso me,
impavido cavaliere al fianco delle tue lotte contro la pigrizia e l’ingenua gioventù..
Lo osservo attraverso gli occhi di una telecamera per poter consegnare all’eternità attimi unici,
irripetibili quali possono essere questi.
Ma ci siamo.
Il suo nome è detto, il suo cuore è pronto, la sua mano è ferma.
Tuo padre è li con te.